sabato 29 giugno 2013

Abolizione del permesso a costruire e riforma dei piani regolatori e paesaggistici


Una completa riforma, un rinnovamento culturale prima ancora che giuridico si rende necessario in materia di legislazione urbanistico ed edilizia. Un vero e proprio pantano, anzi una selva intricata che genera confusione interpretativa tra gli operatori tecnici e del diritto (per non parlare delle aberrazioni compiute dalle polizie giudiziarie di turno che favorisce la stagnazione della legalità e favorisce sistemi di corruttele diffusi soprattutto negli uffici tecnici dei comuni del meridione d'Italia, specie nelle zone dove più vincoli insistono sul territorio per effetto della concorrente legislazione regionale di turno.
Abusi, soprusi, faziose interpretazioni che generano angoscia presso i cittadini i quali sono costretti a pagare più di un soggetto per vedersi accordare un permesso a costruire (già la dicotomia sembra un provvedimento di ordine reale e papale) spesso concedibile in poco tempo, in linea con la tempistica del nord Italia, ma nei comuni meridionali diventa un calvario tra negazioni, divieti e rigetti di provvedimenti amministrativi di ogni sorta. Tutto ciò aumenta il "potere contrattuale" dei dipendenti degli uffici tecnici che dopo il terrorismo psicologico inferto fanno la cresta sulle disponibilità economiche dei richiedenti.
Abolizione del permesso a costruire e sostituzione dello stesso con la nuova segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) la quale deve essere immediatamente operativa ed esecutiva al momento del protocollo presso gli uffici amministrativi competenti, i quali devono organizzarsi tutti con lo sportello unico per l'edilizia: basta con il peregrinare di ufficio in ufficio alla ricerca del "signorino" di turno che risolva il problema. E' la pubblica amministrazione del sud Italia.
I permessi a costruire sono ancora frutto del retaggio di culture giuridiche di secoli ormai passati dove il potere ed il Re erano al di sopra dei cittadini i quali erano sudditi. Se un progetto edilizio o una determinata opera di urbanizzazione rispetta la legislazione urbanistica-ambientale deve immediatamente essere realizzabile senza alcun cenno da parte della pubblica amministrazione. La clausola di sicurezza è la pubblica fede: il tecnico o il "segnalante" che dichiara il falso (falsi requisiti o conformità di legge) viene incriminato con le norme del codice penale che già sono esistenti.
Tale semplificazione si rende necessaria così come la limitazione degli abnormi poteri delle soprintendenza ambientali ed archeologiche le quali sono purtroppo una zavorra e un peso per il rilancio del sistema Italia, probabilmente per le emotività politiche alle quali si ispirano e dalle quali si lasciano influenzare con negazionismi e severe interpretazioni delle normative vincolistiche.
Tutto va interpretato e purtroppo oggi gli operatori interpretano ogni legge contro il cittadino, andrebbe imposto il principio di penalistica memoria delle interpretazione più favorevole al "reo", richiedente in tal senso. Solo così si pone fine all'abusivismo edilizio, riformando anche i piani regolatori e i piani paesaggistici intrisi di odio sociale e di stupida demagogia che ingessa il paese: devono esserci indici di fabbricabilità ovunque e lo "ius aedificandi" deve ritornare ad essere ricompreso a pieno titolo tra le facoltà liberamente esercitabili dal titolare del diritto di proprietà. Anche in tal caso l'argine alla cementificazione selvaggia sarebbe il limite dell'architettura biocompatibile, ovvero dell'utilizzo di materiale a basso impatto ambientale come il legno.
Se gli operatori del diritto, dagli uffici tecnici passando per le polizie giudiziarie ai pubblici ministeri, adoperassero un interpretazione più liberale e moderna della selva legislativa, ricca di antinomie e di incongruità in più punti, probabilmente i cittadini vedrebbero maggiormente soddisfatte le proprie esigenze abitative, problema annoso e da non sottovalutare specie nei comuni meridionali dove scarseggiando le abitazione per la crescente popolazione.
Pozzuoli, palazzo Migliaresi
Temi questi che in Campania ed in particolar modo a Pozzuoli in provincia di Napoli stanno cercando di affrontare ed analizzare alcuni avvocati i quali pare stiano per lanciare un nuovo movimento associazionistico e politico che punti proprio a proporre la riforma della materia urbanistico edilizia così come è stata tratteggiata in questo articolo. A tal proposito proprio gli avvocati Lorenzo Sozio e Gennaro Maione, promotori di tale nuovo soggetto politico che dovrebbe portare tali istanze al legislatore, sono convinti che gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria devono poter essere eseguiti senza alcun tipo di comunicazione o di autorizzazione mentre gli interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione "pesante" devono poter essere realizzati unicamente mediante SCIA.
Un soggetto politico che porti tali istanze sarebbe la soluzione migliore per far valere i diritti di migliaia di cittadini che vedono compromessi e calpestati da pubbliche amministrazioni saccenti e truffaldine i propri bisogni abitativi.
L'abolizione del permesso a costruire sarebbe un contributo nella lotta alla corruzione e ai sequestri selvaggi.


La Salamandra

mercoledì 19 giugno 2013

Radiazione dall'albo per l'avvocato che richiede onorari irrisori o lavora sostanzialmente gratis


Il titolo è una provocazione, uno scherzo, ma lascia intendere quanto sia drammatica la realtà napoletana e meridionale in generale. Una contromisura al decadimento del formalismo dei legali e della considerazione che questi hanno tra il pubblico andrebbe imposta.
Tra le principali colpe quella della richiesta di onorari talmente irrisori ed esigui da rendere la prestazione lavorativa del tutto gratuita o poco gratificante, anzi mortificante. I clienti abusano e si spingono fino a non pagare nemmeno il grottesco e simbolico emolumento che gli viene richiesto. Come si pretende rispetto e considerazione se ci sono avvocati che patrocinano in cause penali finanche per 200 miseri euro?
Totò in Miseria e Nobiltà
Penserete che questo malcostume sia delle giovani leve, nossignore, non solo, addirittura avvocati del capoluogo di provincia il cui nome appare conosciuto e popolare in certi ambienti inclini al reato scivolano sulle richieste economiche. Parcelle irrisorie e nomine a pochi euro: la giusta esca per attrarre clientela e far circolare il proprio nome sulla piazza, magari per vanità o per le classiche "pose" agli occhi dei colleghi, giusto per far vedere di essere il principe del foro in voga tra il popolo.
Anche avvocati con anni ed anni di esperienza stanno fomentando questa trappola mortale per l'intera classe forense, creando problemi anche ai giovani avvocati che si vedono ammazzare il mercato da "titolati nominativi" che la gente magari si ritrova sui giornali o nel fluido flusso del passaparola cittadino, lasciandosi condizionare dalla "popolarità" del professionista.
Come porre fine a questo dilagante decadimento? Forse il titolo dell'articolo non è tanto sbagliato.